Sull’onda della liberalizzazione del mercato cinese

Giulia Falcini

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BMW sarà la prima azienda estera ad approfittare delle nuove regole annunciate lo scorso aprile da Pechino per le joint venture con i costruttori stranieri.

 

L’ufficializzazione avvenuta ad aprile scorso da parte della Cina riguardo l’eliminazione dei limiti delle quote estere nelle joint venture del settore automobilistico inaugura una politica di apertura della propria industria agli investimenti stranieri.

La mossa di Xi Jinping, promotore del libero scambio e dell’utilizzo dei mercati come principale mezzo di allocazione delle risorse, rivela chiaramente la volontà di spostare il focus della produzione cinese verso settori che permettano alla Cina di svolgere un ruolo sempre più determinante nell’economia mondiale.

Pechino ha annunciato che entro il 2018 cancellerà l’imposizione di un tetto massimo alla partecipazione straniera nelle joint venture che producono veicoli elettrici, nave e aerei; nel 2020 inoltre, saranno eliminati i limiti alle quote estere nelle società di veicoli commerciali, e nel 2022 in quelle dei veicoli passeggeri.

Il caso di BMW

Il gigante automobilistico tedesco ha dichiarato che prenderà il controllo della sua joint venture con Brilliance China Automotive, aumentando il capitale dal 50% al 75% per un investimento di 3,6 miliardi di euro e affermandosi così come primo produttore estero a sfruttare l’allentamento della normativa cinese sulla proprietà delle società automobilistiche.

Molto probabilmente, questa decisione porterà BMW a trasferire sotto la Grande Muraglia una grande fetta della sua produzione, soluzione questa che permetterebbe anche l’aumento dei suoi profitti. In effetti, in seguito al conflitto commerciale tra America e Cina, il colosso tedesco si è visto costretto ad aumentare il costo dei veicoli destinati al mercato cinese e assemblati nella sua fabbrica in South Carolina.

In base a quanto riportato da Reuters, Harald Krüger, amministratore delegato di BMW, e Li Keqiang si sono incontrati a Shenyang (città cinese dove ha sede la joint venture) e questa è stata un’ottima occasione per il Premier cinese per evidenziare e rimarcare la volontà della Cina di ampliare ed innalzare ancora di più i suoi margini di apertura, continuando ad attirare investimenti esteri. Secondo Li Keqiang infatti, l’ingresso di realtà straniere nel mercato locale, oltre ad essere un’ottima opportunità per le aziende stesse, rappresenta anche un’occasione di sviluppo e interesse per entrambe le parti.

Un esempio per altri costruttori?

Secondo James Chao, analista del settore automobilistico, visto il conflitto commerciale tra America e Cina, c’è un forte interesse da parte dei costruttori a fabbricare i veicoli nel mercato dove si vendono. Proprio per questo motivo, con molta probabilità BMW trasferirà nel Paese del Dragone la produzione di alcuni modelli attualmente assemblati negli Stati Uniti.

In effetti, secondo quanto affermato da Krüger, la joint venture tra BMW e Brilliance Automotive prevede di investire più di 3 miliardi di euro nell’ampliamento del suo sito di produzione. Inoltre, l’accordo della società è stato prolungato fino al 2040, un periodo di tempo molto più lungo quindi rispetto alle previsioni iniziali del 2028.

Per Yale Zhang, direttore di Automotive Foresight, quella di BMW è solo la prima di questo tipo di iniziative e sicuramente fungerà da esempio per altri grandi costruttori automobilistici che si muoveranno presto sulla sua scia.